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Risarcimenti per le conseguenze del coronavirus

Quando può essere chiesto un risarcimento per le conseguenze del coronavirus?

E’ più che lecito chiedersi se quando si verifica una vera e propria disgrazia, come quella rappresentata quest’anno dalla situazione creatasi con il covid-19, sia possibile richiedere un risarcimento. E’ proprio di disgrazia, infatti, che possiamo parlare quando ci riferiamo al coronavirus e alle conseguenze che ne sono derivate. Moltissime persone infatti, chi più chi meno, ne hanno pagato le conseguenze. C’è chi ha dovuto sospendere la propria attività, chi ha dovuto subire la cassa integrazione e chi, nei casi più drammatici, è purtroppo deceduto.

Se però errori commessi o colpe imputabili hanno contribuito ad aggravare le numerosissime conseguenze negative, allora sì che possiamo parlare anche di responsabilità e, di conseguenza, di diritto ad ottenere un risarcimento.

I casi che possiamo sinteticamente elencare sono quattro:

  1. Responsabilità della struttura sanitaria per non aver garantito un’adeguata ospedalizzazione a chi necessitava della terapia intensiva. Abbiamo purtroppo assistito in questa difficile primavera alla saturazione dei posti in terapia intensiva nelle aree maggiormente colpite dai contagi, dove i medici hanno drammaticamente dovuto scegliere chi salvare e chi, ahimè, dover sacrificare, adoperando in genere il criterio dell’età del paziente, scegliendo dunque di curare i pazienti più giovani e non chi invece aveva poche possibilità di sopravvivenza. Un’azienda ospedaliera dovrebbe invece garantire a tutti la massima protezione possibile, indipendentemente da fattori come l’età e lo stato di salute del paziente.
  2. Risarcimenti ai familiari di tutti quei medici e infermieri contagiati poi tristemente morti. In questi casi infatti si sarebbe dovuto assicurare una maggiore protezione, con chiare e precise istruzioni su come affrontare la difficile situazione pandemica.
  3. Le mancate cure dei malati per patologie diverse dal Covid-19. Molte persone non hanno potuto ricevere le cure mediche e hanno dovuto sospendere e rimandare visite o esami programmati. Possiamo solo immaginare cosa può comportare una diagnosi tardiva di chi per esempio, a seguito di un esame, scopre di avere un cancro.
  4. I contagi che hanno interessato pazienti delle RSA. In questo caso non è difficile comprendere quali siano le responsabilità delle strutture, che dovrebbero assicurare un’adeguata protezione ai propri pazienti ospedalizzati.

In buona sostanza non tutte le infinite sventure che si sono verificate a seguito del coronavirus sono dovute ad una disgrazia dalla quale non si può scappare, poiché vanno giustamente anche attribuite delle responsabilità a chi, come un’azienda ospedaliera o una RSA, commette degli errori causando dei danni dei quali le vittime incolpevoli possono essere giustamente risarcite.

Lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente. Cos’è?

Quando il medico non informa adeguatamente il paziente o non ne acquisisce validamente il consenso, può commettere un illecito e causare di conseguenza un danno alla salute o la cosiddetta lesione del diritto all’autodeterminazione. Quest’ultima si configura come un’offesa alla dignità e al patrimonio di valori della persona.
Le informazioni rese dal medico devono essere adeguate al livello culturale del paziente e complete, dunque date non solo all’inizio ma anche nel corso del trattamento prestato al malato, il cui consenso deve invece essere volontario, consapevole e libero da condizionamenti, oltre che documentato per iscritto o tramite videoregistrazioni.
La lesione del diritto all’autodeterminazione per essere risarcita deve in ogni caso comportare danni di una certa gravità. Un esempio per comprendere meglio potrebbe essere il caso del paziente che, per la propria fede religiosa, potrebbe consapevolmente rifiutare una trasfusione pur sapendo che gli salverebbe la vita.